**** NoN AMaRe è Un LuNgO MoRiRe ( proverbio indiano) **** L'oStAcOlO più grAnDe nElLA vItA è lA pAuRa ****

giovedì 15 ottobre 2009


Oggi la mia parola del giorno è ...GRAZIE!

Grazie ad una persona che probabilmente non leggerà mai questo post,
ma che si è meritata, una volta ancora ,tutta la mia riconoscenza.

Grazie ad una donna insostituibil
e, che ieri sera ha portato nella mia vita una ventata di ricca e glitterata aria fresca,e ne avevo bisogno.


Grazie a lei che è unica e necessaria e che, per forza di cose,
rende uniche e necessarie tutte le cose che dice e che fa nei miei confronti.

Io sono di nuovo protetta, accucciolata nella mia morbida placenta in cui niente può accadermi,
e di nuovo so che lei farà in modo che ogni cosa da risolvere sia risolta.
Grazie Mamma.

giovedì 8 ottobre 2009

IN PUERIS VERITAS


Ho sempre avuto un'innato e smisurato senzo materno. Si tratta di un bocciolo spontaneo precocemente germogliato in me e cresciuto nel corso del tempo in modo smisurato.

Quando ero bambina avevo una bambola, di quelle che si può far finta di dargli da mangiare e che poi fanno la pipì. L'avevo chiamata Eleonora.
Quando cominciai ad andare a scuola inscenai un'opera drammatica: chi le avrebbe dato da mangiare,chi le avrebbe cantato la ninna nanna? Fortunatamente sono sempre stata una donna dalla pelle dura, e risolsi l'enigma rapidamente: decisi che Eleonora avrebbe dormito per tutte le ore in cui io ero a scuola nel suo carrozzino nella calma dello studio di casa; avrebbe mangiato al mio ritorno.

Avevo quasi 9 anni quando nacque la mia splendida, unica sorella, e da allora...non ho avuto più tempo per nessuna bambola al mondo. Aveva la pelle di porcellana e grandi boccoli color miele. Profumava sempre di latte e biscotti,e le sue manine..ah,le sue manine..continuavano a stringermi le dita come per far si che io non la lasciassi sola mai.
Non avevo mai visto niente di più bello al mondo, e da allora l'ho lasciata sola mai.

Anzi,quel magico periodo della gravidanza di mia madre e poi della nascita di mia sorella hanno arricchito di pathos quel bocciolo.
Cominciai a farmi alcune notevoli domande: come c'era arrivata mia sorella a casa nostra? Voglio dire... che fosse uscita dal pancione della mia mamma me ne ero accorta... Ma come ci era finita lì dentro?

Mi diedi una prima risposta : era capitato.
Esattamente come capitava un raffreddore, un'orzaiola o un morbillo, così alle donne adulte capitava la gravidanza. Ho portato avanti quest'idea per qualche anno,ma con poca convinzione.
Il fatto era che vedevo la gestazione solo in donne sposate, mai in donne sole,
e che il bambino, poi, finiva per somigliare sempre anche al compagno della gestante. Portai avanti per le mie ricerche il fattore coincidenza per un pò, ma poi smise di convincermi!

Così mi diedi una seconda risposta: Dio. Pensai che solo quel grandioso essere, che a quanto pare tutto poteva ,avesse la grandezza di organizzare un tale evento.
Lui osservava una coppia..il loro amore, i loro destini, e quando lo riteneva opportuno metteva un'anima nuova nella pancia della donna. Dopo nove mesi questa avrebbe preso sembianze umane somigliando al frutto di quell'amore da cui tutto era partito: metà mamma, metà papà.


Mi diedi la terza risposta, quella scientifica, solo molti anni dopo. Ed a quel punto mi sembrò di aver scoperto tutto ciò che avrei dovuto, il mondo non aveva più segreti per me. L'ho portata avanti per parecchio.. finchè non mi sono sposata,praticamente.

Perchè dopo ho cominciato a prendere in considerazione l'idea che, invece, del mondo non avevo capito ancora niente. Non avevo capito cosa volesse dire avere vivere nel quotidiano un amore forte, irrazionale, che di scientifico aveva ben poco.

Solo quando mi sono sposata ho dovuto ammettere che la mia terza risposta era solo una montatura, una scappatoia degli uomini per tentare di dare un senso a questa cosa troppo grossa, imponente, sublime che Dio ci affida.

Solo quando mi sono sposata ho capito che da bambina avevo avuto la giusta sensibilità per darmi la risposta esatta.
Dio è con noi: ci osserva, ci guida quando può, e se siamo fortunati ad un certo punto ci rende partecipi del suo splendido piano donandoci un'anima nuova.


Che dire,non me l'aspettavo.

Posso solo mettermi in fila ed aspettare il mio turno.

lunedì 5 ottobre 2009

La speranza
è un seccatore indiscreto
di cui non ci si può liberare.





(Kierkegaard)

domenica 4 ottobre 2009






Alone in the crowd.
Once again.



venerdì 2 ottobre 2009

Non me l'aspettavo


Non me l'aspettavo di incontrarlo ieri sera. L'ho notato mentre mi passava davanti senza salutarmi.
In un attimo la sala si è svuotata,e mi è tornato in mente tutto.

A me, che dei film ricordo sempre solo l'inizio.


Il mio golfino blu,che mi aveva prestato una compagna di scuola,su quella t-shirt bianca che m'aveva comprato mia mamma.
I miei libri di scuola in un braccio, mia cugina, all'epoca così diversa, con cui tornavo dalla pizzeria. Quella macchina grigia, che mi sembrava così grande, il coprifuoco,che avevo ormai già superato e poi...gli occhi verdi dell'amico,che quella stessa sera ho tatuato indelebilmente sui miei,incorniciati dai capelli ramati, ricci e lunghi.
Il suo numero di cellulare salvato in quell'alcatel arancione e purtroppo mai più dimenticato;quel particolare odore di cibo che ho sentito per la prima volta, quella sera.

Non me l'aspettavo di vederlo proprio lì ieri ,quando le cose andavano già male da sole.
Non me l'aspettavo tutto quel sovrastarmi di emozioni,non me lo spiego.

In un lampo torno ad essere la bambina che salvò quel numero di cellulare su quell'alcatel arancione e non l'ha più dimenticato.


Anche di questo film mi picerebbe ricordare solo l'inizio.

lunedì 28 settembre 2009


...E allora lui mi ha detto:

"Quando io ho pregato
mi ha dato te,
per questo ci credo."












.

Me ne sono appena accorta.


Devo aver perso qualcosa,me ne sono appena accorta.
Un tempo le situazioni non interagivano in modalità tanto disfattiste con le mie irrazionalissime meditazioni.
Devo aver perso quel qualcosa che mi concedeva l'imprudente spensieratezza di sentirmi felice a priori.
Mi consideravo figlia di una fortunatissima stella...fausta,ricca,propizia stella che mi rendeva favorita dalla sorte,ne ero certa.
Colpa di un'infanzia troppo gioiosa,troppo ilare...
Niente di negativo avrebbe mai potuto accadermi,proprio a me che muovevo i miei passi in quella felice situazione di grazia concessami dal fato chissà perchè,poi.
Qualcosa che riconosco bene in realtà,senza avere dubbi,mi ha cambiata.
Non mi ha semplicemente aperto gli occhi sul mio non essere uno speciale esemplare protetto.
Non mi ha unicamente immersa subitamente nei più atroci dei dolori e delle torture a cui siamo esposti .
Non mi ha esclusivamente punita per tanta immaturità imponendomi di crescere in modo più che repentino.
Mi ha anche trasformata.
Ha del tutto capovolto il mio entusiasta ed innato atteggiamento ottimista nel peggiore pessimismo possibile.
Ho perso qualcosa,e ora so cos'è.
E' la mia insostituibile astrattezza,inconcludenza,prospera e felice irrazionalità.

Ora mi considero figlia di una sfortunatissima ventura...disgraziata,canzonatoria,infame ventura che mi rende sfavorita dalla sorte, ne sono certa,e che si prende gioco di me in modo tremendamente arguto.
Peccato.
Perchè ho perso la mia parte migliore.
E me ne sono appena accorta.

lunedì 7 settembre 2009

Isn't it ironic... don't you think?!




Non la posso sopportare questa ironia di Madame Sorte.
A cosa ci vuole portare quando ci pone di fronte
al peggio che per una vita abbiamo potuto temere?


Tentiamo di fare i forti,i simpatici,i superiori,e lei ci smantella con la situazione che per anni avevamo più temuto ma creduto lontana nello stesso tempo.


Da quale malata sottospecie di umorismo dovremmo farci guidare
per superare la cosa con opportuno decoro?
A me non viene in mente niente.

martedì 25 agosto 2009

IL MIO BICCHIERE E' MEZZO VUOTO


La speranza non è che un ciarlatano che c'inganna senza posa.
(Nicolas Chamfort "Massime e pensieri").
Che razza di basso esemplare di bastardo mal riuscito quel ciarlatano.
Voglio dire,la nostra sciocca e sempliciotta propensione all'essere fiduciosi,al non riuscire mai del tutto a metterci quella benedetta pietra sopra quando vogliamo a tutti i costi qualcosa,non è forse l'ennesimo inibente danno dell'essere profondamente imperfetti?
Insomma tentiamo una strada,una strada importante intendo,e quando ci accorgiamo che ogni realtà oggettiva si pone come ostacolo alla sua realizzazione noi sbraitiamo,poi nell'ordine cadiamo in abbattimento, ci scoraggiamo per qualsiasi altra cosa che potremmo mai realizzare su questa Terra e odiamo anche il solo nostro esistere al mondo mentre ci chiediamo quale mai potrebbe essere il nostro nuovo senso,la nuova strada da tentare che di nuovo ci smantellerà ,ci farà ricadere in abbattimento...
E proprio in quel mentre,contemporaneamente a tanto sbraitare...
...ancora,una lucina,una piccolissima fiammella continua a sfavillare,la carogna,e non ci fa rassegnare!
Non potremmo essere tutti un tenebroso ammasso di scettiche scimmie del tutto immerse nel fascino del pessimismo metafisico?!
Non potremmo tutti iscriverci al club "
La vita umana è come un pendolo che oscilla incessantemente tra il dolore e la noia, passando per l'intervallo fugace, e per di più illusorio, del piacere e della gioia
" di Schopenhauer??
Perchè come altrimenti definire la speranza se non come
lo scomodissimo e beffeggiante viaggio tra l'illusione ed il dolore
????
No,oggi senza dubbio non ho la sindrome di Pollyanna.
Oggi sono arrabbiata, e
VOGLIO
essere PESSIMISTA!
Oggi il mio sguardo è basso ed è meglio che mi tengano lontano tutti.
Oggi non ho pensieri coerenti e vorrei solo un grosso copioso temporale sulla mia testa.
Oggi ho solo rabbia e frustrazione,meglio non farmi parlare.
Oggi non sorrido a nessuno ed il mio bicchiere è decisamente mezzo vuoto.

Oggi va così.......
.......poi domani si vedrà.........

sabato 1 agosto 2009

QUEL VECCHIO TELEFILM...






Come accade che ad un certo punto una figlia provi piacere nel separare totalmente la sua vita da quella di sua madre e poi goda nel diventare per quest'ultima quasi un'estranea?



Qual'è il meccanismo che scatta in una donna che ha trascorso più di due decenni della sua vita a tentare disperatamente di ottenere l'approvazione della sua genitrice e poi all'improvviso,di colpo,smette del tutto con tanta tenacia da provare gusto nell'essere un Bastian Contrario?



E soprattutto come avviene che una figlia finisca per sentirsi solo un vuoto e addebitato oggetto di giudizio da parte dei suoi genitori?
Ero a guardare il dvd di un delizioso vecchio telefilm,stamattina.

C'era un punto nella puntata che ho visto oggi in cui una madre si trovava a dover ammettere di non conoscere affatto la figlia che ha disapprovato e allontanato affettivamente per anni.

Quello tra madre e figlia secondo la mia esperienza è un rapporto sublime,surreale,inconcepibile ed incomprensibile per gli altri.
Simile,probabilmente,solo a quello tra padre e figlio,non so.

Una figlia altro non è che il naturale prolungamento di sua madre.
Si possiedono l'un l'altra nella carne,nei pensieri...

In condizioni normali per una madre una figlia è il suo specchio,la parte migliore di .
Per una figlia una madre è un modello comportamentale,l'esempio primo,chi le insegna i meravigliosi istinti femminili,un locus amoenus da cui tutto parte e si genera.


Ma c'è troppo in gioco.

Tutto questo pathos è troppo perchè il rapporto fili senza complicazioni,e non inciampi agli ostacoli !


..E così le madri ,è scritto in qualsiasi manuale di psicologia spicciola,spesso cadono nell'errore di voler come figlia una copia perfezionata di ,con i propri pensieri,le proprie idee,già provvista di errori fatti e lezioni imparate.


Purtroppo non so ancora cosa voglia dire essere la madre di una donna adulta, ma so cosa voglia dire essere una figlia,e...ci sono poche traumatizzanti delusioni al mondo che potrei paragonare a quello di non godere della totale stima ed incondizionata fiducia dei propri genitori.


....Anche quando il loro è solo orgoglio e brutto carattere!


venerdì 31 luglio 2009

HACUNA MATATA!

Esattamente cos'è la felicità?

Presuntuosamente non resto soddisfatta dalle definizioni più comuni o dalla etimologia della parola.


La felicità,a parer mio,non è "il raggiungimento di un desiderio",o "uno stato d'animo che intercorre tra momenti di apatia e dolore".


Nè uno scopo a cui ispirarsi dato da condizioni particolarmente favorevoli.


Secondo me la felicità è UNA SCELTA.

La vita è un turbine colmo di paure,dolori,incertezze...
Una realtà traboccante di infelicità.


..E ho imparato a credere che l' unica soluzione è
decidere volontariamente di non cedere allo sconforto!

Niente di nuovo,una filiosofia pressappoco epicurea .

Come già per Socrate, Epicuro afferma che un piacere che conduce a successivi affanni non può dirsi vero piacere. Il vero piacere è un piacere che è già compiuto in sé, che non si incrementa e non decresce, resta stabile, perché rappresenta la perfezione. A questo tipo di piacere si arriva per sottrazione del dolore: il vero piacere è quindi assenza di dolore fisico (aponia, "privo di pena") che spirituale (atarassia, "privo di turbamento").

L'uomo è destinato a provare dolore se non conosce la verità, e la verità si rispecchia nel saper distinguere il vero piacere dal piacere dei dissoluti. La saggezza e la sapienza conducono quindi all'autentica felicità, in quanto è grazie al loro apporto che l'uomo si mette in quella disposizione d'animo che lo conduce a fare chiarezza sulle cose. Il vero piacere è l'assenza del dolore, ma ignorandone il significato l'uomo non può che cadere nell'errore, è dall'ignoranza che scaturiscono tutti i mali, le pene e le cure.

Partendo da questa verità, presente alla coscienza del saggio e del sapiente, l'uomo può finalmente derivare tutto quell'insieme di regole di vita che permettono all'uomo di curare il male dell'anima Se l'ignoranza del vero senso del piacere conduce al dolore, la verità conduce allora al piacere.(la stessa verità -SATYA in sanscrito- che il Mahatma Gandhi aveva posto alla base della sua politica)


Insomma,a parte pochissime situazioni, l'infelicità è davvero poco giustificabile.
La felicità forse altro non è che un modus vivendi,
una solidissima base di positività,estroversione, fiducia in se stessi, sensazione di controllo sulla propria persona ,con la quale optare intenzionalmente di sorridere ogni mattina.